Passeggiando per Tiriolo può capitare di vedere ancora qualche anziana signora che lo indossa o una ragazza che non aspetta altro di toglierlo dall’armadio. E’ l’abito tradizionale della Pacchiana di Tiriolo, ancora oggi portavoce della storia dell’arte tessile del paese e del suo lento abbandono.

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C’era una volta… la Pacchiana di Tiriolo
Tiriolo con le sue tessitrici, filatrici e ricamatrici era uno dei paesi dall’arte tessile fiorente, te ne accorgi guardando le foto e i video d’epoca. Oggi possiamo solo immaginare cosa significava vivere questo bellissimo borgo tra i due mari nei giorni di festa e nelle occasioni importanti, come la Festa dedicata alla Madonna della Neve che si festeggia il 4 e 5 agosto. Il Signor Tommaso Leone mi racconta che le donne erano gelose dei loro abiti, i disegni del confezionamento erano segreti, una vera e propria gara a chi sfoggiava il vestito con le decorazioni più belle e più preziose.
Col passare del tempo, sia a causa dell’emigrazione che dell’emancipazione femminile, le signore, soprattutto quelle che vanno via dal paese, si spogliano dell’abito tradizionale che veniva indossato tutti i giorni, per seguire la moda degli anni ’50. Soltanto quelle più rigorose e legate a doppio filo al senso di appartenenza che rimangono nel paese continuano a indossarlo.

Il cambiamento sociale e culturale di Tiriolo si riflettono nel suo “vestito di una volta“: cambiano i tempi, le mode, i tessuti, i colori e le decorazioni. La pacchiana cambia il proprio vestito, preferisce i tessuti leggeri, sintetici e facilmente reperibili nei mercati alle stoffe pregiate di lana damascata, velluto e cotone operato e al panno di castoro.
Solo a guardarla, eri in grado di capire se la pacchiana era nubile, sposata o vedova. L’abito infatti cambiava i propri colori in base allo stato sociale. Esistevano abiti da pacchiana da nubile, da sposa, da festa (ne è un esempio quello che vedi nelle foto), giornaliero, da lutto. Tutti gli abiti sono indossati sempre nella composizione dei nove pezzi, decorati o lasciati semplici a seconda della ricorrenza, dai colori vivaci e dalle decorazioni vivaci se da festa, azzurro o bianco se da sposa, nero per la vedova che in tale occasione indossava il copricapo del lutto, u jilindenti.
La Pacchiana di Tiriolo: i componenti dell’abito
L’abito della Pacchiana di Tiriolo, come del resto la maggior parte degli abiti tradizionali calabresi della provincia di Catanzaro, si compone di 9 pezzi.
Il primo capo a essere indossato e a contatto con la pelle è la camicia di lino o cotone, a suttana, a cui si sovrappone u pannu, un pezzo di stoffa rettangolare che avvolge il corpo dalle ascelle ai piedi, lasciando intravedere la parte inferiore della camicia, e decorato sul petto e sulla parte bassa con un nastro. Sul panno poi vengono indossati u jppune, un corpetto di seta damascata o di velluto operato a mezze maniche, e u dubriettu, una sopragonna di cotone blu scuro di 7 metri plissettata in vita. La sopragonna è decorata con un nastro sia all’interno che all’esterno, in quest’ultimo caso con motivi floreali ricamati con filo di seta colorata e filo d’oro.
Generalmente e per comodità u dubriettu è raccolto sui fianchi e annodato sui glutei, viene mpaddatu. Durante il lutto o prima di entrare in chiesa viene sciolto, sciaddatu.

Poi ancora, vengono indossati u ricciu, il colletto circolare di seta organzina o tulle a rete, u mantisinu, il grembiule in seta damascata, anch’esso decorato con i motivi del vestito in seta e oro, e orlato con il merletto lavorato al tombolo, le maniche attaccate alle spalla con le fettucce (chiamate attaccagghie), u mandile o tuvagghia, il copricapo orlato con la mendulatura.

A completare l’abito, il tradizionale vancale di Tiriolo, uno scialle largo due metri di colore nero con strisce parallele colorate di seta o lana realizzato al telaio con le decorazioni tiriolesi.
Oggi l’abito della Pacchiana di Tiriolo e il vancale sono realizzati con amore e passione da Mirella Leone nella sua bottega TessilArt, dove ogni prodotto realizzato è un pezzo unico.
Nei diari che narrano di viaggi in Calabria fino alla prima metà del ‘900 si leggono descrizioni perfette sull’abito della Pacchiana di Tiriolo.
Arthur John Strutt nel 1838 rimase ammaliato da Anna Montoria e la descrisse così nel suo libro Un viaggio a piedi in Calabria:
Non avevo visto una fanciulla così graziosa da quando lasciai Roma, e la ricchezza è peculiarità del suo costume esaltava in sommo grado la sua bellezza. Portava un copricapo bianco ricamato raccolto sulla fronte con una piega quadrata la cui continuazione scendeva sulle spalle; un busto d’un verde scuro, aperto davanti, era allacciato con un cordone giallo sopra una specie di panciotto rosso, orlato di blu; maniche verdi corte che arrivavano solo fino al gomito, separate dal busto, erano attaccate alle spalline con nastri gialli, mentre soltanto la camicia copriva il collo, spalle e braccia dal gomito al polso. La gonna di un blu chiaro era rimboccata dietro; un corto grembiule scuro ornato di giallo copriva una sottoveste di panno scarlatto la quale, aperta davanti, alla maniera greca, era abbastanza corta per mostrare un quarto di yard di un’altra sottoveste bianca, o camicia, o che so io che, pendendo, scendeva fino a mezza gamba; lunghe ghette di un blu scuro arrivavano alle caviglie, lasciando i piedi nudi. Aggiungete a tutto ciò grandi orecchini e molte collane, coralli, medaglie e immagini intorno al collo e avrete una esatta descrizione del suo vestito.
Arthur John Strutt

E ancora, Jules Destrée nel 1928 ha avuto il piacere e l’onore di vedere tutti i giorni le donne indossare i loro abiti tradizionali. Dal libro In Calabria durante il fascismo. Due viaggi inchiesta:
Calze nere, un lembo di gonna bianca sotto un’altra gonna di lanina d’un rosso vivo, talvolta ornato verso il basso da ricami e sopra ancora un’altra di cotone blu nero, rialzata e piegata di dietro, corpetto nero con mezze maniche bianche e, qualche volta un fazzoletto di pizzo di un bianco candido, capelli neri divisi da una riga centrale oppure coperti con un velo bianco; rosso, nero e bianco creano un’eleganza deliziosa che è come una musica nel sole: teatro all’aperto. Per di più una lunga sciarpa, a strisce orizzontali multicolori, gettata sulle spalle, completa i graziosi atteggiamenti.
Jules Destrée

Trovi altre foto nella Galleria fotografica
Il Museo del Costume Tradizionale Calabrese
All’interno del Polo Museale Tiriolo Antica, gestito dalla Cooperativa di comunità Scherìa è possibile ammirare, oltre all’abito della Pacchiana di Tiriolo, la collezione di abiti tradizionali calabresi della provincia di Catanzaro e alcuni tipici delle minoranze.
Ringrazio Angela, mia cugina, per aver indossato il suo abito tradizionale da festa e per essersi prestata come modella per la realizzazione del reportage fotografico negli angoli più belli di Tiriolo, e i signori Tommaso Leone e Giovanni Cocerio per il grande contributo alla realizzazione di questo articolo.
Per approfondire:
- Tiriolo miti e leggende: Arocha e Petraro, Re Niliu e Ulisse
- L’abito tradizionale calabrese nella provincia di Catanzaro
Post aggiornato al 13 Maggio 2020 da Maria Rita
6 commenti
Bellissimo…mi ha ricordato un pochino il tradizionale costume sardo, non so se hai mai visto qualche foto. Ormai nei paesi non lo si indossa più, ma ogni 1 maggio a Cagliari c’è la sfilata di Sant’Efisio, dove diversi abitanti di paesi sardi sfilano vestiti degli abiti tradizionali insieme a carri e cavalli addobbati: è molto suggestivo e richiama tanti turisti!
Che fascino! È un mondo che non conosco e mi incuriosisce molto. Spero di aver presto occasione di passare nelle tue zone
Bellissimo! Non conoscevo questo abito della tradizione e sono rimasta affascinata dalla tua descrizione e dalle foto. Grazie
Molti anni fa, io bolzanina ho avuto il previlegio di provare un costume di Tiriolo. Ero ospite per un giorno da amici del mio compagno di allora, e una delle signore di famiglia mi aiutò ad indossare il magniffico costume da pacchiana. Quando partimmo mi regalarono un vancale che purtroppo dopo più di 40 anni nell’ultimo trasloco ho perduto. Ricordo il profumo di boschi e l’aria fresca, Il terreno scosceso, i due mari lontani, il pranzo più abbondante della mia vita e l’ospitalità degna dell’antica grecia. Grazie ancora oggi per allora.
Grazie a Lei super gentilissima per aver condiviso il suo ricordo in cui traspare una grande emozione.
🙂